RIFORMA COSTITUZIONALE: IN MARCIA PER LA DEMOCRAZIA

Ieri per la prima volta nella mia vita mi sono ritrovato in modo convinto a partecipare ad una manifestazione. A 57 anni, Senatore in marcia verso il Colle, con leghisti, grillini, ex grillini, vendoliani, pochissimi indipendenti o forse solo io.

Ma quello che è accaduto ieri ha veramente dell’incredibile. In Aula si sentiva crescere la tensione, i risolini di scherno della Boschi che giustamente hanno molto irritato i 5 Stelle che gliele hanno cantate di santa ragione, il presidente dei dem Zanda, che peraltro è seduto a pochi posti dal mio, che scalpitava ad ogni intervento e che poi non ce l’ha più fatta, intervenendo per chiedere una nuova riunione dei capigruppo, concessa in diretta senza neanche far parlare altri.

In molti, in modo naturale, ci siamo raccolti proprio fuori dalla porta della riunione, in attesa di notizie. La tagliola stava prendendo forma. Appena usciti, i capigruppo di maggioranza hanno anche tradito un accordo fatto all’interno: diamoci due ore, riuniamo i gruppi e valutiamo una proposta. Invece, Sacconi e Zanda hanno subito attaccato ai microfoni, affermando che era tutto deciso: tempi contingentati e fine dei discorsi.

Vedendo in questo atteggiamento un vero attacco alla democrazia, con un rapido passaparola ci siamo radunati osservando che il fronte dei contrari a quello scempio erano già interessanti. Il ritorno in Aula, dopo un’altra riunione dei capigruppo, non ha modificato le cose e il Presidente Grasso ha comunicato la decisione del contingentamento dei tempi. Da qui la decisione di salire al Quirinale. Ed è in quel momento che per la prima volta mi trovo nei panni di un manifestante di piazza. Non servono gli interventi in Aula che precedono questa nostra marcia per convincermi. Lo sono da tempo.

Una riforma costituzionale si fa per il futuro del Paese e il sistema che il premier Matteo Renzi vuole imporre mette a rischio la democrazia. Nessuno, sia chiaro, vuole salvare il bicameralismo perfetto, nessuno pensa che non si debbano diminuire in modo consistente i parlamentari: questi argomenti sono fuori discussione e chi li utilizza fa solo della bassa strumentalizzazione.

Le modifiche che noi vorremmo, e che Renzi rifiuta, sono altre: elezione dei Senatori da parte dei cittadini, precisa divisione di ruoli tra Camera e Senato, riduzione dei parlamentari anche più consistente di quanto previsto. Io aggiungo due punti.

Uno: non voglio che la Liguria conti sempre meno, diminuendo anche il suo peso parlamentare vista la attuale proposta di legge (la Valle d’Aosta con 150.000 abitanti avrebbe 2 Senatori e la Liguria con 1.500.000 ne avrebbe 3!).

Due: chiedo la costituzione di macroregioni da 5 milioni di abitanti, affinché le più piccole non subiscano più i soprusi di quelle maggiori (si vedano gli studi tipo quello della Fondazione Agnelli) o, almeno, si facciano delle macroregioni per la gestione della sanità, per ridurre i costi e alzare la qualità del servizio.

Renzi ha dalla sua la comunicazione: perché è un bravo comunicatore è perché i media hanno deciso di seguirlo (per chissà quali ragioni). Lui ne approfitta. Sarà pur vero che molti degli 8.000 emendamenti presentati sono strumentali all’ostruzionismo, ma se non ci fossero stato neanche ci sarebbe stato dibattito, il premier avrebbe asfaltato tutto e tutti!

Eravamo pronti a ridurre gli emendamenti se avesse accettato, per cominciare, di rendere elettivi i senatori. Ma lui niente. E perché è così ostinato? Forse ha ragione chi pensa che voglia scegliersi i senatori e così avere il pieno e totale controllo della situazione. Dentro e fuori il partito. Ma si può accettare un simile schiaffo alla democrazia solo perché Renzi ha un problema contingente? Si può cambiare la Costituzione per questa ragione, rischiando che poi non si trovino più i numeri per correggerla, visto che la situazione attuale – l’apporto di Silvio Berlusconi, per debolezza o per suoi interessi – difficilmente si ripeterà?

Mi pare impossibile che concetti così elementari non vengano colti e non dev’essere un caso se almeno i sondaggi ci danno una mano, visto che il 70% degli italiani vorrebbe un Senato elettivo. Ed è inaccettabile ciò che affermano Zanda e la Serracchiani, quando sostengono che i consiglieri regionali diventati senatori in fondo sono comunque eletti. Come la mettiamo, infatti, con le leggi elettorali regionali che – vedi il caso della Toscana – prevedono formule per cui i consiglieri in realtà sono dei nominati, come i parlamentari con il Porcellum?

Oppure si guardi alla mia Liguria, dove, per ora, al di là di semplici dichiarazioni d’intenti, la legge elettorale prevede il listino del presidente, gente che entra in consiglio senza essere eletta. Da lì dovrebbero uscire i nuovi senatori, magari godendo dell’immunità parlamentare dopo aver scialacquato denaro pubblico, com’è successo con le spese pazze documentate da tante inchieste giudiziarie?

Naturalmente nessuno ha preso in considerazione almeno l’idea di uniformare le leggi elettorali regionali per impedire simili scempi. Sta lì, e in tanti altri comportamenti, la sciagura che un centinaio di senatori, dei quali orgogliosamente faccio parte, sta disperatamente cercando di evitare. Un conto è parlare di governabilità, efficienza, snellimento delle procedure. Altro confezionare un sistema di potere al servizio di chi sta oggi sul “trono” e di chi gli succederà.

Questa non è democrazia.

Questo non è rispetto per gli italiani.

Maurizio Rossi

Una risposta su “RIFORMA COSTITUZIONALE: IN MARCIA PER LA DEMOCRAZIA”

  1. Nessuno pensa che sia ora di finirla con gli articoli 1, 4 , e soprattutto l’osceno 52. Sono convinto, conoscendo la stupidità umana (soprattutto quando entra in politica) che cambieranno mezza costituzione ( minuscola voluta) ma i citati articoli resteranno integri. Due a mio parere sono da eliminare. L’art. 1 quanto meno andrebbe corretto come forma:coa viol dire “fondata sul lavoro” “?

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